INTERVISTA PER IL MAGAZINE DI PAV EDIZIONI

di Paola Gentili

 1) Gianni Maritati, uno scrittore e un giornalista che non si ferma mai. Decisamente una penna creativa e decisa. Un intellettuale che sa mettere la sua cultura al servizio del cittadino…

Nel mio piccolo è l’obiettivo che perseguo da sempre: diffondere più cultura possibile attorno a me, nella vita di tutti i giorni, al servizio della comunità. La cultura è une bene comune, deve essere oggetto di divulgazione e di speranza, motore di sviluppo e di relazioni sociali”.

2) Ancora un anno di soddisfazioni e riconoscimenti per Gianni, accolto nel gruppo dei 400 amici della domenica per votare il Premio Strega 2023 e nominato Cavaliere dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella…

Due soddisfazioni grandissime, che mi danno anche molta responsabilità in più. La mia è una condizione impegnativa ma sempre molto piacevole e costruttiva, perché diffondere cultura è molto gratificante: ti fa incontrare tante persone, ti fa accumulare tanta esperienza, ti aiuta a vedere il positivo delle cose”.

3) E partiamo proprio da qui con la nostra intervista. Quale è l’emozione più forte che si prova a ricevere una nomina così importante e prestigiosa?

Quella di sentire in modo speciale il dovere di essere sempre un buon cittadino, un esempio per gli altri, ma sempre con un atteggiamento di umiltà e condivisione”.

PREMIO STREGA 20244) L’anno scorso è stato accolto nel gruppo dei 400 amici della domenica per votare il Premio Strega 2023: un altro ambito riconoscimento. Quando ha intrapreso la sua carriera avrebbe mai pensato di arrivare così lontano?

Francamente no. Per me il Premio Strega è sempre stato un mito e un miraggio: il campionato della letteratura italiana. Poi l’organizzazione del Premio mi ha contattato e mi ha chiesto di diventare un Amico della Domenica. Naturalmente ho detto subito di sì. Non ci potevo credere”.

6) E sempre a proposito del Premio, quale è secondo lei la formula vincente per arrivare ad essere non dico nella cinquina dei finalisti ma almeno ad essere ammesso al prestigioso riconoscimento…

Uno stile originale e sorprendente e una storia profonda, vera, necessaria, che sappia risuonare nel cuore del lettore fino a conquistarlo”.

7) È di pochi giorni fa la presentazione del terzo e ultimo volume della trilogia “Cristiani contro”. Una trilogia di saggi critici dedicata alle penne internazionali e nazionali della letteratura…

Dopo due libri dedicati ciascuno a dodici scrittori e poeti italiani, da Iacopone da Todi ad Andrea Camilleri, ho voluto volgere lo sguardo oltre i nostri confini: altri dodici scrittori internazionali. Li voglio qui ricordare: Geoffrey Chaucer, Aphra Behn, Victor Hugo, Lev Tolstoj, Selma Lagerlof, Gilbert Keith Chesterton, Rainer Maria Rilke, Nikos Kazantzakis, Irving Stone, Flannery O’ Connor, Margaret Atwood e Dan Brown. Anche loro hanno nutrito il proprio speciale talento letterario alla luce di quella dimensione ultraterrena che pone sfide e domande, che interpella le nostre coscienze. Una dimensione che per alcuni autori si scioglie in un metafisico “nulla”, che per altri si traduce invece in un atteggiamento di nostalgia perenne e che per altri ancora assume il profilo dell’Uomo-Dio chino con la sua misericordia sulla tormentata vicenda umana. Il mondo della letteratura ci aiuta a vedere qualcosa di positivo o di positivamente inquietante in questo Mistero che ci circonda e ci comprende. Una indagine critica che ho voluto portare avanti con una particolare predilezione per i “dissidenti”: coloro che – dentro o fuori della Chiesa visibile, con maggiore o minore consapevolezza – negano (a parole), desiderano, rimpiangono o promuovono il Vangelo che è Cristo”.

8) Quale sarà la prossima sfida?

Una volta ho partecipato ad un incontro con alcune classi scolastiche a Pescina, in Abruzzo, la patria del grande Ignazio Silone. Un ragazzo mi ha chiesto perché giro di scuola in scuola per parlare con studenti e studentesse. Gli ho risposto che, a sorpresa, i giovani mi insegnano molto più di quanto io possa insegnare a loro stessi. Ecco, spero di fare ancora tanti incontri così: da questi nasce la mia sfida al futuro”.

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DOPPIAGGIO AMORE MIO

Di Nunziante Valoroso

In questi giorni si è riaccesa la polemica “doppiaggio sì, doppiaggio no”, anche a causa di una intervista rilasciata dall’attore Elio Germano al podcast Super Otto di Ciak Club. L’attore ha affermato che trova assurda “l’esistenza di film doppiati. i film sono ripresi in audio e in video, quindi vanno visti così. Metterci una voce sopra la trovo una cosa veramente assurda, anche rispetto al meccanismo del cinema, la magia della macchina da presa, cioè la possibilità di riprendere il qui ed ora”.

Ha poi aggiunto che “Doppiare è una cosa assurda anche rispetto al lavoro degli attori, il nostrodoppiaggio lavoro passa per dei suoni che non sono solamente il senso semantico della parola, cioè quello che diciamo. Ma sono dei rumori del nostro corpo, delle vocali. Per noi è difficile ritrovare quella condizione di vissuto quando ridoppiamo alcune parti dei nostri film”. E continua: “Se uno ama il cinema è impossibile vederlo doppiato”.

Apriti cielo. Sui social si sono immediatamente create le fazioni pro e contro. Personalmente, da persona che ha studiato e lavora come dialoghista nel settore, trovo tutta la polemica assurda. È da sfatare il luogo comune che si doppi solo in Italia e che il doppiaggio sia stato introdotto dal regime fascista come misura protezionistica della lingua italiana negli anni ’30. È vero piuttosto che, anche in epoca fascista, il cinema americano era molto popolare nel nostro paese e ben difficilmente le majors americane avrebbero rinunciato ad un mercato vantaggioso come il nostro. Inoltre il problema della comprensione della lingua si poneva anche per le altre principali lingue europee: spagnolo, francese, tedesco. Inizialmente si pensò di girare versioni diverse dello stesso film, sugli stessi set, con attori madrelingua (negli archivi della Universal esiste ancora una versione spagnola con attori diversi del “Dracula” di Tod Browning). Si sa poi che Stan Laurel e Oliver Hardy girarono anche in italiano il loro film “Muraglie” pronunciando foneticamente alcune battute che venivano scritte su grandi tabelloni appesi ai muri del “set”. Il sistema però era costoso e macchinoso. I sottotitoli non erano molto appetibili, anche perché, all’epoca, gran parte della popolazione era ancora analfabeta e non avrebbe potuto leggere facilmente il succedersi dei dialoghi nella parte bassa del fotogramma. Il doppiaggio, tecnica con la quale la colonna dialoghi del film viene completamente sostituita da un’altra, recitata da attori che parlano la lingua del paese in cui il film viene proiettato, è stato in effetti inventato da un tecnico austriaco, Jakob Karol e accontenta tutti. Fin dall’inizio degli anni ’30 si cominciano a doppiare i film, inizialmente in America mentre la Paramount impiantò degli stabilimenti a Joinville in Francia, in cui realizzare le colonne straniere dei film. In Italia, quando una legge del regime impedì la proiezione di film doppiati all’estero, furono impiantati i primi stabilimenti di sincronizzazione nel 1932 e, da allora, il doppiaggio italiano è diventato il migliore del mondo. La polemica innescata da Germano quindi non ha motivo di esistere, soprattutto oggi: nei vari canali TV e streaming e sui vari supporti si può scegliere se vedere il film in originale o doppiato; semmai si può avere da ridire sul fatto che anche il cinema italiano (sì anche quello neorealista di Rossellini o de Sica) è stato un cinema tutto doppiato e post sincronizzato in sala di registrazione. Pasolini e Fellini utilizzavano il doppiaggio per un loro preciso linguaggio artistico. Anche un capolavoro come Il Gattopardo di Visconti ha come “colonna sonora originale” una in cui la gran parte degli attori è doppiata (sul set non c’era la presa diretta e il cast internazionale recitava le proprie battute ognuno nella sua lingua) e, in seguito, si è provveduto a doppiare il film in francese ed inglese. Stessa cosa per La Ciociara di Vittorio de Sica, in cui la grande Sophia Loren, che si autodoppia nella versione italiana, ha provveduto poi a ridoppiarsi in inglese nella versione americana, intitolata Two Women. Personalmente ricordo come una tortura la proiezione di Sinfonia d’Autunno di Ingmar Bergman all’ultima festa del cinema di Roma, in originale con doppi sottotitoli italiani ed inglesi: un gran mal di testa. In questi giorni ho rivisto al cinema Il Grande Dittatore di Chaplin, nella versione della Cineteca di Bologna, quindi rigorosamente in originale con sottotitoli: sempre bello ma, ascoltando il celebre discorso finale ho potuto constatare di persona che l’ottimo doppiaggio del nostro Oreste Lionello è riuscito a trasmettere le emozioni del grande attore in ogni minima sfumatura.

Non mi dilungo poi su quanto amassero il doppiaggio Stanley Kubrick, Alfred Hitchcock e Walt Disney (le versioni internazionali di Biancaneve con tutte le scritte e i nomi dei nani sui lettini nelle varie lingue fanno parte della leggenda del cinema). Insomma, basta con le polemiche e godiamoci il film come meglio crediamo, ringraziando il lavoro certosino dei doppiatori che, ricordiamolo, oggi adempiono anche ad una importante funzione di accessibilità per i non vedenti, permettendo anche a chi non può vedere e leggere eventuali sottotitoli, di godere di una proiezione cinematografica.

SOLO GRANDI STORIE


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